giovedì 4 dicembre 2025

SPOTIFY WRAP 2025

 

È divertente se la guardi come un gioco, la wrap che ti manda Spotify da qualche anno, a fine anno.
Pecatto che, io
non so prendere a ridere. Soprattutto quando si tira le somme di qualcosa.
La wrap dice che musicalmente parlando ho 51 anni. E non me ne frega un cazzo perchè (per me) è indice del fatto (secondo me in modo inequivocabile) che la musica "giovane" di oggi fa schifo al cazzo e, come dico sempre, la generazione degli anni 90 non avrà un cazzo da ricordare.
Grazie a Dio sono nato negli anni 80.

Però è più il secondo punto che solleva pensieri, forse utili. Ma sicuramente no.
La terza canzone che ho ascoltato di più quest'anno, che scende di una posizione rispetto al 2024 è "Amaro" dei Pinguini Tattici Nucleari (unico gruppo musicale che qualche pelo me rizza, anche più di uno).

La sola cosa che volevo dire è che, alla fine, il verso migliore e peggiore di quella canzone è:
"Ma basta che mi pensi, quando fuori piove"

e il punto di riflessione è il modo in cui le cose col tempo possono o non possono cambiare, perchè esiste una certa differenza nel dirsi o dire:

 "sì" a me starebbe bene così, a me basta che mi pensi,

o dire

"no! Col cazzo che a me basta così",

e da quel momento capire se accettare che non sarà mai più davvero così, e realizzare che forse per volere di più si può lasciare ciò che non può essere nostro

sottometterti al fatto che, suppur non andandoti bene, non accontentandoti di quello, pensi di essere così forte, da saper sbattere la testa al muro in eterno, e vivere del fatto che non lo avrai mai e vivere di quei tonfi sordi violenti e inutili. Ma puri.

Mica lo so se si capisce sta cosa, ma sono sicure del fatto che non me ne frega un cazzo se non capirlo siano gli altri.

Comunque in quel "basta che mi pensi" c'è tutta la sfigaggine dei Pinguini Tattici nucleari e tutta la verità dietro al fatto che nessuno di loro è mai stato invitato alle feste, alle superiori, o che, nessuno di loro, abbiamo mai scopato con una fica vera della scuola.
Ed io li amo - profondamente - per questo.

mercoledì 26 novembre 2025

Odio l'estate. Un post sul malessere da pandoro.

 

C'è stato un momento della tua vita (che forse non ricordi più) in cui il Natale ha iniziato a non piacerti più.
Questa cosa, da quel momento, non è mai più cambiata.

La cosa che più ti infastidisce, però, è che a ricordartelo non è il calendario o il prematuro quanto osceno tentativo di tutti i brand di farlo cominciare a metà Novembre, ma quell'odore dell'aria.

Mortaccisua la senti che è diversa. Non è come quando respiri l'aria di montagna, non è più sottile o pesante, è forse poco più fredda ma- grazie al cazzo- è Dicembre (che t'aspetti?).
Il punto è che ha un'odore suo, non è che il vento trascina l'odore del caramello fuso o dei dolci in giro - giuro- non è quello, è proprio l'odore dell'aria.
Impossibile? Cazzi degli altri io lo sento, punto e basta.
Sa di -mortaccisua- bontà. Mi fa venire in mente Graffignano, e non so perchè.
Mi viene in mente, più precisamente, Via Appello, a Graffignano.
E divento pazzo, e mi sta sul cazzo subito.
Forse, probabilmente, l'associazione è legata all'infanzia, all'adolescenza, alla sua leggerezza - passata, bellamente svanita - che ovviamente è rimasta in quel tempo, in quella via, in quel paese. E non è che se ci torno la riprovo, anzi è peggio, ogni anno è peggio.

Odio il Natale, proprio lo odio.
Non è mai come dico io.
Odio le lucette. Vorrei passasse in due minuti.
Fosse una persona vorrei mi picchiasse e che avessi un cellulare per riprenderlo mentre mi mena così lo mando in galera e non esce più.
Mi stanno sul cazzo le cene "prima di Natale", i bacetti, la tombola, le cartelle della tombola e quelli che chiedono trecento volte se è uscito un numero - che ovviamente non è uscito-.

Mi sta sul cazzo perchè non è mai come dico io.
Da un bel pò, mai come dico io, cioè come lo vorrei.
Cioè anzi, è come vorrei che fosse per tutto quello che - vaffanculo - che due coglioni mi gira intorno. Ma non per come vorrei sentirmi io.

Il punto - sicuro - non è il Natale che mi sta sul cazzo, è che se di base non ti senti sempre come vorresti sentirti le situazioni più delicate dell'anno (non situazioni ma periodi) te lo fanno notare di più.

Bene, che meraviglia.
Grazie periodo di Natale, bello sei.
Passa e vattene affanculo al prossimo anno. Tanto tornerai.
Uno dei due vincerà. Non sarò io. 



giovedì 25 settembre 2025

Ubriaco, ubriaca e un messaggio mentre fuori piove.

 


Justin Timberlake cantava- e secondo me quando fa i concerti la canta ancora- What goes around comes around.

Questo post non è un post di vendetta, non è esce vincitore nessuno, nè a breve termine nè alla lunga. Solo che è successa questa cosa, che considerando la mia vita non è poi così avulsa, e come al solito non sono riuscito a prenderla e ha lasciarla scivolare.
Siamo arrivati al punto che non è solo una cosa che imparo o noto, adesso minimo sono due o tre.


Passiamo all'impersonale, così non è mai chiaro se me la sto inventando, se mi è successa o se qualcuno me l'ha raccontata. Anche se nell'introduzione sembra evidente che sia successa a chi scrive, il tutto, potrebbe essere già stato premeditato.
Uh-suspance. Uhm.


Torniamo indietro nel tempo, qualche anno fa.
Due ragazzi fidanzati partono e vanno in vacanza. Il giorno prima di partire uno dei due capisce che ha preso una tuonata fotonica per un'altra persona. Nella vacanza cerca la via per poterne uscire. Durante la vacanza non c'è alcun contatto tra la persona che preso la sbronza d'amore illeggittimo e la persona illegittimamente amata. Fino a qualche giorno dal ritorno, quando la illegittimamente amata, si fa viva. In realtà lo aveva fatto anche all'inizio. Ma va bè.

Tornati dalla vacanza, l'ubriaco stordito non regge botta. Una mattina prende il coraggio e, comunque dispiaciuto, molla la bomba. La storia inizia il suo percorso di fine. Ubriaco però non dice la vera verità.

Nel silenzio e nell'ombra-dove strisciano le vipere e i vili- vergognati ma felici, l'ubriaco e la dichiarata ubriaca iniziano a sbaciucchiarsi.

Passo poco, perchè (non colpo di scena di per lui ubriaco che sapeva, ma per voi che leggete) ubriaca parte per altro città/Paese. Perchè? Lavoro e vita sentimentale ufficiale (ubriaca ha qualcuno che dovrebbe amare senza altre intrusioni).

Una volta raggiunto il nuovo Paese ubriaca con grande coraggio molla il suo amore ufficiale.
Ubriaca dice di sentire tanto di più di quello che sente per amore ufficiale.
Eppure, dopo un paio di mesi.
Ubriaca con parole dritte e semplici, chiede spazio ad ubriaco.
Non per gli alcolisti una storia con un bar così lontano tra di loro.

Lacrime di sale dagli occhi, gocce amare di xanax dalla boccetta.

Passano anni.
Ubriaco resiste a tentazioni. Ubriaco cede solo una volta. Ubriaco resta fermo e lascia che il tempo faccia il suo corso.

Giorni nostri.

Ubriaco e la sua ex fidanzata sono ora davvero amici. Bello non perdersi del tutto.
La sua ex fidanzata vive ora di un amore tutto nuovo e più bello che mai. Evviva.

Ex fidanzata scrive ad ubriaco un messaggio:

Ciao, ma tu conosci ubriaca (nome e cognome), le sto facendo un colloquio.
Vuole tornare qui.
Perchè
Il
Marito
Lavoro qui.


Riavvolgiamo il nastro e troviamo il punto di incontro dei pensieri.
Punto uno: il destino sa come tornare in pari in qualche modo, perchè ex fidanzata non ha mai davvero saputo la verità, e così, pur non sapendo (per quanto assurde siano le combinazioni) ha in qualche modo schiaffeggiato ubriaco (non che si sia strappato i capelli alla notizia, ma per qualche secondo il respiro s'è fatto pesante).
Punto due: non lo so, ci sto ancora ragionando o forse è ancora troppo presto per scriverlo.

Ma davvero ci si sposa in due anni?
Uhm.


giovedì 29 maggio 2025

STUDIA CHE T'ARIMANE

 

Mio nonno è morto a 82 anni.
Ha fatto la guerra, forse era fascista, anche se alla fine non gli ho mai sentito dire niente di male su nessuno, manco sugli animali. Ho sempre pensato che amasse stare in disparte, la sua silenziosità, e il fatto che nessuno su questa testa avesse il diritto di rompergli i coglioni. 
A tutela di questo suo indistruttibile diritto lui ricordava sempre la sua età, ogni volta che c'era da ribadire che lui la sua opinione l'aveva espressa e se non ci fosse andata bene, avevamo due soluzioni, accettarla o assecondarla senza essere d'accordo.

Diceva sempre che "l'anima ce l'ha il sambuco". Una pianta, forse quella che da vita alla Sambuca, che ha al suo interno uno spazio vuoto dentro un cilindro di gambo spesso; una specie di Bamboo senza dover prendere un volo di undici ore.

Quando voleva esprimersi sui temi di politica, o stava zitto, o scuoteva la testa. Diceva, per gli Albanesi, che li avrebbe messi tutti in fila spalle al muro e li avrebbe fucilati.
Così ci tramandava le memorie della sua partecipazione alla guerra mondiale. La seconda.

Tornato dalla guerra è entrato in guardia di finanza. Non giocava mai a carte, non prendeva regali da nessuno, e quando è andato in pensione, lui, si è fatto il suo angolo di paradiso.
Si chiamavano "Forme Nove", o "Le Forme Nove". Non ho mai capito se fosse un nome che gli aveva dato lui o se fosse la zona nella quale c'era l'appezzamento di terra brulla, che col tempo trasformò in una specie di fattoria in miniatura.

Mio nonno aveva gli occhi azzurrissimi. Non erano di ghiaccio e nemmeno blu mare profondo, tipo quello delle cartoline dei Faraglioni di Capri. Erano blu, come la tempera disegnata sui contenitori di cartone dei pennarelli. Non aveva più molto capelli e aveva il naso aquilino, si reggeva sui baffetti, stile Hitler. I dettagli non vogliono farvi credere che fosse un malinconico fascista. No, non lo era.
Mio nonno credeva nella terra.
Si addormentava davanti al Gran Premio la domenica.Non parlava mai di calcio. Non parlava mai del passato, mai del lavoro. Si era fatto crescere un'unghia della mano destra in maniera forse esagerata, era lunga spessa e gialla. Diceva che gli serviva per le funi.
Non ho mai saputo come viverla. Dopo trent'anni, però, è un dettaglio che ricordo.
Come quando passo con la 600 Fiat sopra tutta l'infiorata davanti casa perchè lui comunque anche quel giorno sarebbe dovuto andare alla Forme Nove.
Schiaccio tutti i fiori, era domenica, tutto il paese avrebbe fatto il giro delle vie, prime e dopo la processione. Mio nonna, dalla vergogna, non uscì di casa per due tre giorni.
Non è vero, uscì e lo insultò davanti a tutta la via e con il resto delle sue amiche di paese.
Lui visse quelle rimostranze con le spalle di chi ha già sostenuto così tanti pesi che una stronzata del genere gli faceva meno del solletico.
Era burbero e profondo. Raccontava di non giocare a carte perchè una volta un suo amico, durante una partita stava barando, e lui, che non stava comunque giocando, se ne accorse.
Se mai avesse qualche momento di indecisione, questo evento, lo allontanò definitivamente da ogni tentazione.
Non fumava, almeno da quando nacqui io. Ma prima forse sì.
Era il papà di mio papà, il nonno di cui parlo, e non l'ho mai visto parlare col papà di mia mamma. Che anche lui faceva il finanziere. Il paese era, come è, piccolo, loro non si erano antipatici, eppure, mai visti scambiarsi un segno di qualcosa. Non è strano?

Quando andava al bar, guardava in silenzio. Se entravo io al bar mi guardava. Secondo me controllava che mi comportassi bene. Il paese parla, a lui fregava un cazzo del pettegolezzo, ero suo nipote, e dovevo comportarmi bene, e basta.
Non gli piaceva quando al bar giocavo ai videogiochi, diceva che buttavo tutti i soldi che mi dava nonna in quel bar. Parliamo di cinquemila lire in due giorni.
Salutava tutti con la stretta di mano, anche mia sorella più piccola, sempre. Ha cambiato modo dopo che mia nonna è mancata.

Tra le sue frasi più celebri, dopo quella degli albanesi, fu quelli di avvertimento a mia madre, quando mio padre la portò a casa, "fino a quando non ha finito il militare non garantisco niente".
Schietto, diretto, sincero. Delicatezza, accessoria.

Non ricordo che avesse amici. Seppur sforzandomi non ricordo che scendesse sotto casa con mia nonna a parlare con le persone della via. Si metteva in balcone, sulla sdraio, nel silenzio, fissava qualcosa. Pensandoci adesso invidio quella pace. Magari pensava. Non ho mai capito cosa. Di certo dava l'idea di non aver bisogno di nessuno. 
Quando nonna ci dava la busta di Natale, scansava i bacetti, accettava i grazie.
"Mettili via", suggerimento o ordine? Era rivolto anche a mia madre, lo ripeteva "mettiglieli via".

Mio nonno ancora a 80 anni metteva i soldi da parte. Non so come leggerla questa cosa. Giuro non lo so. Senso di immortalità, residui di una vita pensata a doversi preparare sempre al peggio, una incapacità cronica di rilassarsi e lasciarsi andare, estrema purciaria.

Mangiava quintali di Certosino monoporzione. Quel formaggio che sembra tipo crescenza.
Qualunque fosse il pasto, per secondo veniva quello.
Tornava a casa portando spesso delle uova.
A tratti ricordo il timbro e il suono della sua voce. Non ricordo la sua risata. Rideva poco.
Mia nonna lo rimproverava per questo "Tu si n'ignorante che te scampi guarda".
Per coerenza, facendosi scivolare anche questa cosa, non rispondeva.
Lo infastidiva il rumore, troppe risate, la tv alta, dalle 2 alle 4 d'estate si dorme, in corridoio silenzio. Il corridoio era lunghissimo. Che palle dormire il pomeriggio d'estate. Quando sei piccolo.

Una volta l'ho sentito rispondere al telefono "Allò". Mia madre si è pisciata dalle risata per tutto il giorno.
Quando stava per mancare nonna l'ho visto piangere. Non prima di scuoterla sul letto mentre era in coma. Mio papà lo fece portare via.
Ha continuato per qualche mese ad andare comunque alle Forme Nove, ma continua a ripetersi, vado prendo due uova e torno, le metto nell'acqua "tanto ormai so solo".
Sentendo queste parole ricordo di essere stato felice, perchè avevo scoperto chi e dove fosse il suo cuore. Non ero contento per lui, anzi, è stato uno dei periodi più tristi della mia vita, ma vederlo fragile, in quel momento, mi ha insegnato una cosa forse banale, che non c'è coraggio più grande di sapersi mostrare fragili all'amore, alle persone. Saperlo nascondere è semplice.

Quando è mancato in ospedale, mio padre mi disse che vedendo il papa in tv al Vaticano, si fece il segno della croce, mio padre ridendo disse che "ha iniziato a cacarsi sotto".
Perse diversi chili, gli faceva male una spalla ma la calcificazione ossea era lì da almeno vent'anni. Gli mancava mia nonna, era quello il fastidio più grande.

Quando morì, non ricordo persone piangere. Anche mio papà pianse poco o forse niente.
Io all'inizio osservai tutti gli altri e quasi mi attenni a questa accettazione passiva. Aveva 80 e rotti anni, si può morire a quell'età, va bene.
Solo che poi inizia a piangere, prima in ospedale, poi al cimitero.
Ripensavo a "studia che t'arimane", una cosa che mi disse in salotto, non ricordo perchè, non ricordo di cosa si parlasse. Ma so che lui aveva la terza elementare e aveva spinto mio padre a laurearsi.
Oggi quelli che dicono le parole d'impatto direbbero che lui aveva una "visione" delle cose.
Per me, semplicemente, non era un cojone, e piuttosto che far fare la sua vita a tutti noi ha sperato e fatto di tutti per renderci migliori di lui. Credo ci voglia pienezza e pace con se stessi per fare questa cosa, anche quando si è nonno e padre.

Non è il suo anniversario, oggi. Non so manco perchè racconto qui questa storia.
Ma so che in ogni suo lato ombroso purtroppo o per fortuna, io mi ci rivedo.
Forse anche io ho bisogno delle mie Forme Nove, di sicuro mi chiedo che penserebbe del mondo di oggi, mi piacerebbe raccontargli di quello che mi è successo, che mi succede, anche solo per vedere una persona di (ad oggi) cento e rotti anni mi direbbe, oppure anche rivederlo a quell'età e farmi che sono uno scemo e che non avrei e non devo fidarmi mai di nessuno.
Ho paura che mi direbbe così, che mi racconterebbe quella volta del suo amico che aveva le carte nella manica.

Possibile che l'asso nella manica ce l'ha sempre chi tenta di mettertelo nel culo?

giovedì 13 febbraio 2025

"La vita in cui faccio lo scrittore non è questa" (cit Io)





Io boh. Non lo so.
In quello che senza dubbio è stato il peggior anno della tua carriera, così, la vita ha deciso di mettere le cose, forse, in pari. 
Forse perchè quello che è successo era, come è, ingiusto.
Forse perchè vuole, sempre la vita, spingermi a capire che io non sono, solo, il mio biglietto da visita, che non posso e devo continuarmi a vedere come quello che deve (per forza) sempre crescere, salire, arrivare, o forse cerca di educarmi a credere che questa cosa, come altre, io adesso non posso capire perchè è successa, ma devo accettarla col sorriso e vedere dove porta (se porta da qualche parte). Così come ho preso senza sorridere il resto di quello che è successo.

C'è un punto che però non posso non scrivere col il solo scopo di volerlo ricordare, anche se difficilmente, lo dimenticherò.
Eri nel salotto di casa tua, seduto, con la pancia attaccata al bordo del tavolo tondo, avevi la finestra davanti, si vedeva (come si vede sempre) la casetta rosa, e con un'idea (diversa) in testa hai aperto il computer, un documento word e prima di metterti a scrivere, a scriverla, hai detto ad alta voce "ti prego, salvami".
Eri sincero, davvero sincero.
Quindi boh.

Ora, lo presenti tra una settimana.
Ne hai altri due in testa. Sarai così coraggioso da rimetterti lì e scavare?
Forse i libri raccontano e possono avere qualcosa da dire quando un ciclo finisce, perchè certe cose di questa storia (che adesso sarà di tutti quelli che spenderanno 16 euro) tu non potevi saperle quando 15 anni fa l'hai scritta.
Adesso conosci e riconosci i limiti di Matteo, così come quelli di Alice, e di tutto quello che c'è dentro.

Al pensiero di dover leggere qualcosa davanti a tutti ho già la sudarella.
Ma sticazzi.

Mi piacerebbe poter tornare indietro di 15 anni e mettermi vicino a me, che in lacrime, scelgo di cacciare tutto quello che per me era ingiusto e non usciva dal mio corpo e metterlo su un cazzo di word. 
Volevo sapessero tutti cosa aspettarsi, non volevo fare i milioni e vederlo tradotto in 108 lingue, volevo solo "di sta cosa" che stava nella pancia e pesava, come pesa sempre sempre.
L'abbraccerei quel cojone in felpa (sempre col cappuccio) perchè sarà capoccione, sognatore, fissato, scellerato e incasinato, ma vaffanculo se se mette na cosa in testa, lui fa sempre tutto quello che può, poi se la vita je da na mano, alla fine succede.
E io mi piacerò per sempre, anche solo per sta cosa.

Bravo Diego, non te lo dici mai.
Però davvero, "Vomito" sta lì nella pancia. Dai.



E comunque la goduria di quando rileggi una cosa che avevi riscritto, e fa schifo ancora, e t'incazzi, e diventi scemo, e da quella frustrazione ne esci, ed è bello quello che poi hai ri-scritto, è meglio di scopare. Punto. (Non di fare l'amore eh, ma ci si avvicina).



 

lunedì 3 giugno 2024

Bergamo

 

Sei seduto su una della quattro sedie del tavolo del tuo soggiornocucina.
Non t'è mai piaciuto avere un soggiornocucina, ma questo è.

La sedia è sempre la stessa, l'hai scelta forse perchè è davanti alla finestra e vedi fuori, la casetta rosa col tetto nero. Sembra una casa della bambole, che con Milano c'entra praticamente zero. Se la guardi bene, pure la via di casa tua non sembra Milano. Non ti è mai sembrata Milano, forse per questo alla fine l'hai scelta.

Sei seduto e scrivi, e farai tardi, e te ne accorgerai tra un'ora quando sarai in macchina che guidi, la macchina non è tua, la perderai il 30 Settembre. Guiderai, andando dall'avvocato perchè oggi firmi la conciliazione.

Non mi sento conciliante, e manco conciliato.
Mi sento solo e perso, come i bambini sperduti di Peter Pan. Solo che l'isola nella quale stai è bagnata o circondata da un mare di merda.
Lo sanno tutti ma fanno tutti finta che non sia così.
Il solo che te lo ricorda sei tu, e alla fine fai bene.
Se non ti prepari per le bombe come fai a scappare o non prenderle quando e se ti pioveranno in testa.

Ho deciso come mi vestirò. Ho deciso che non dirò mezza parola.
Continuerò a vivere l'ingiustizia sperando che quella bilancia metta in paro tutte le infamità che ho ingoiato nell'ultimo anno.
L'anno dell' "astro nascente".
St'astro ha fatto più botto che scia.

E penso ad un sacco di cose inutili, ma quella che penso di più è quando avrei potuto, impuntarmi, e fare uno sbaglio diverso, ma più bello, davvero più bello.

"No, senti, io vengo lo stesso, poi so' cazzi mia, vabbè?!. Mo me porti a spasso in quel posto che mi avevi detto che mi volevi portare?". T'avrei presa per mano, avresti fatto resistenza, e avrei sperato che i miei occhi ti avrebbero convinto a smollare, almeno per quel pomeriggio.

Invece no, ne quello, ne questo che è successo è andato bene.
Avevo un sogno, è crepato.
Avevo un piccolo brande obbiettivo, è morto pure quello.
S'è portato via pure 15 anni dietro.
Ha svelato le carte.
Tu, per te stesso, ne esci come uno che può guardarsi allo specchio. Non me pare poco, ma quanto fa male sapere che dall'altra parte c'è qualcuno che non può, se a quel qualcuno gli volevi pure bene.

Ecco, mo impara pure a non voler più bene nemmeno lì.

Ogni mattina mi svegliano, anzi ti svegliano, sempre gli stessi pensieri, e adesso so diventati preghiere "te prego passa non te sopporto più, te prego passa".

Tutto sembra un secondo dopo l'altro quello più bello, perchè è intenso e tu sei fatto così, ti piacciono le cose piene, fosse che fanno male, e quello più brutto perchè ti racconta solo domande, non storie. Le domande non si possono raccontare, Sticazzi. Quello succede.

Se oggi sto qua e domani no?
Eh pò esse, che faccio?
E finisce che ti alzi, perchè pure le lenzuola pesano troppo, ti schiacciano.

Patrizia vuole che riprendi il citalopram, ma non fai altro che dire no.
E fai bene. Per me. Per te.

Se non ti ricordassi perchè si chiama Bergamo questo pezzo di scrittura della tua vita è perchè mentre tornavi, a Pasqua, da Roma, quando in fondo sei scappato, e lo sai, perchè eri nel vuoto peggio che a Milano, ti è capitata sta canzone dei Pinguini, inevitabilmente l'hai legata alla sola persona che ancora smuove i globuli rossi del tuo sangue, e non fai altro che ascoltarla, ciclicamente, ci vai in fissa. Ma anche perchè è proprio bella, come canzone.

Adesso ti vai a sistemare, metti la maglietta nera, un maglioncino sottile mezzo serio, che almeno sembra che sei "normale" e vai. Dovrai morderti la lingua, fai il bravo che tanto non serve a niente. E poi quando hai firmato sto strazio e tutti sorridendo usciranno dalla tua vita augurandoti solo cazzate, vai in libreria e prendi due libri, leggili, che adesso ci riesci.

Sogno nel cassetto "Diego, per favore restiamo cinque minuti privatamente, dopo?".
Il cassetto è senza base, casca tutto per terra.

Mi avete cacciato ingiustamente. Le persone mi volevano bene e stavo imparando a voler bene anche a loro. Tutto sarebbe arrivato, avevo solo bisogno di un giro di orologio, avevo solo bisogno di fiducia, affetto e sincerità.
Avete vinto voi, su tutta la linea, vi siete spartiti la torta e non m'avete lasciato mezza briciola.
Me la rifaccio da solo sta torta, e vi auguro un giorno di assaggiare il medesimo amaro infame che mi avete obbligato ad ingoiare.

Che succede domani?
Non lo sai. Non lo sai davvero.

Odiarli non ti serve.

sabato 10 febbraio 2024

Ragionevolmente, sei mesi

 

Questa volta non è, o non sarà tanto se lo ricorderai o meno, è come vuoi volertelo ricordare.
Così dovremmo tutti noi lasciare le memorie nella nostra testa.
Avere il modo di scriverle non per come accadono, ma per i sentimenti che quelle cose che succedono ci tirano fuori.
Alla fine che te ne fai di un'evento, non è la morale che ti porti a casa? Non sono i sentimenti?
Sì, forse, tanto per cambiare.

Quindi ecco, nel raccontare questa storia, niente della storia ti dirai, ma quello che effettivamente ti esce dallo stomaco, e per quanto sia controverso, per quanto contrastante, la vera verità, come al solito sta dentro le pieghe delle sensazioni.

Quindi, nel momento in cui un avvocato, che senti quasi tutti i giorni, perchè "ragionevolmente, in sei mesi" il puntino rosso che non vedi ma senti dietro la schiena, manifestazione di qualcuno che ti tiene a mira e appena potrà, soprattutto se sbagli mezza cosa, premerà il grilletto.
E quello che succederà, da quel momento in poi, davvero nessuno, bersaglio incluso, potrà saperlo.

Allora è questo il momento in cui, perchè la malinconia vince sempre, perchè la malinconia è attenzione a spaccare ogni secondo, come spaccare il capello, della vita, riesci anche questo vomito qualcosa che alla fine di te, ti sta piacendo, che di te non vuoi cambiare e che di te, alla fine, non cambierai.

Il bello, sì, il bello di vedere le pupille degli occhi dei ragazzi quando dici qualcosa che li illumina, quando per loro stessi, ma anche perchè credono in quello che hai detto, si siedono di nuovo e riprendono anche da capo a fare una cosa, felici, perchè sanno che davvero verrà meglio.
Il bello di lasciar loro una confidenza che li porta a prenderti in giro in ogni modo, ad aprirsi con te, a lamentarsi con te, anche di te.
Il bello di vedere come anche da chi pensavi non ci fosse mezza mosca nel cervello, con pazienza e (quello che io chiamo) amore, alla fine piano piano una briciola di pepita, cazzo esce, cazzo se esce. E il bello di vedere che manco loro se lo aspettavano? Immenso.
Il bello di coinvolgere un gruppo di quattro cinque persone intorno ad una cosa che non sappiamo manco come andrà. Il bello di vederli davvero tutti per uno, uno per tutti, vaffanculo Dartagnan.

Il bello di vederti sprofondare per un'accusa giusta solo in parte (piccola), cadere in un buco nero, che stritola il cervello e spacca il cuore in tanti pezzi, un bicchiere che cade in terra. Raccoglili, in fretta, non c'è tempo per mostrarti debole, non c'è tempo per stare curvi.
Il bello di vedersi circondati, pressati, sfiniti dal vocio, dal chiacchiericcio senza alcuna sostanza, per te che solo in quella credi, e comunque in tutto questo trovare quel bagliore chiamato (e siamo sempre lì) amore, sì amore per una cosa immensa chiamata idea.

Il bello di averne, di volerle cercare e di sapere che una volta trovata niente sarà più forte di lei.
Ho scelto una vita in cui quello che esce dalla testa fa la voce più grossa e più forte.
Più forte della politica, più forte dell'infamia, più forte dell'egocentrismo e della vanità.
Solo colui che è scarso di contenuti, fa della burocrazia la sua arma.
Nel mondo in cui ho scelto di vivere ancora non ero stato esposto a tutto questo.
Mi ci sento bene? No affatto.
Come mi ci sento? Un pesce fuor d'acqua.
Un bambino lasciato in camera in punizione.
Un albero costretto a diventare un bonsai, che fatica a non trovare spazio dentro una scatoletta.

Il bello di sentirsi diversi da tutte quelle persone, unte, il bello di non avere la minima invidia per quella che loro chiamano maturità, e il bello di non averla, non maturarla, non perseguirla, non volerla nemmeno sfiorare.
Il bello di aver avuto sempre di più se necessario, la conferma che sei come sei, uno scemo romantico che fa della vita narrativa, che crede nell'amore, questa in forma di idea, e che di sicuro questa volta la pagherà, cara, carissima; che di sicuro in questi fatidici ragionevoli sei mesi avrà a che fare con colpi bassi, strizzate di stomaco, ingiustizie mascherate da gerarchia, finti sorrisi, scambi di parole che hanno il sapore delle nuvole di drago che mangi al ristorante cinese, vuoto e unto. Sì, vuoto e unto.

Eppure c'è il bello di aver capito che forse aver voluto toccare il sole con mano non era esattamente la cosa giusta, o forse, non era la cosa giusta insieme a chi te lo aveva proposto.
Perchè avere dei sogni è bello, ma è bello ancora di più capire con chi è possibile e con chi no realizzarli davvero.

Seguiranno giorni che avranno il sapore amaro dello xanax (che ora scopro scriverndo essere anche palindromo), ogni goccia una sconfitta? Ogni goccia una speranza?
Avrai paura? R'ca troia, ne ho già tanta adesso.

Eppure l'hai sentito due giorni fa quella sensazione, te lo sei detto in silenzio, ed è come essere sulle montagne russe. Salire pensando che questa cosa davvero ti sta cambiando, profondamente, in alcune cose, come singolo, come giovane uomo che ama questo lavoro, più forte; a tratti scendere in maniera vertiginosa, quasi da non sentire le dita dei piedi, il vuoto nello stomaco, ed immaginarti (con maggiore o minore fortuna) camminare chissà dove fra sei, sette otto nove dieci mesi.

Ed è bello voler comunque tenere gli occhi aperti per imparare qualcosa, per sentire queste emozioni, maestre, perchè probabilmente ci sono delle lezioni che non ho imparato.
E questo va ammesso, che c'è da imparare.
Ma non è bello pure questo?

Ricordati senza mai davvero cambiarne la verbalizzazione:
"Tu sei il detonatore sociale".
Ricordatelo come quando al primo colloquio un direttore creativo ti disse che nel tuo portfolio non c'era un briciolo di idee. E lo stesso direttore creativo dieci anni dopo (ma lui non lo ricorda) ti manda una mail per congratularsi con te che sei diventato cco con tanto merito.

Il bello, almeno per me, sta nel credere che se sei un pezzo di merda, alla fine i nodi vengono al pettine. Viceversa, se sei una persona in fondo buona, qualcosa che mette in equilibrio le ingiustizie accade.
Accettarlo come si manifesti l'equilibrio è parte della crescita, ed è forse questa la cosa più difficile da mandare giù, perchè non sappiamo mai come si possa manifestare.
La parola che più odio, è quella che più mi balla intorno da anni: compromesso.

Ohioi, che casino.